giovedì 29 maggio 2014

Il generatore e la luce elettrica

“Ognuna delle luci che fiancheggiavano l’ingresso dell’ ospedale sembrava avvolta in un mobile alone ronzante. Quando il ciclofurgone ci passò davanti, Kanai capì che era l’effetto di nugoli di insetti. E assiepati sotto le lampadine c’erano gruppetti di scolari con i libri aperti sulle ginocchia.
«Ma è luce elettrica quella?» si stupì Kanai.
«Sì».
«Pensavo che a Lusibari non ci fosse».
«Abbiamo l’elettricità nel centro dell’ ospedale», disse Nilima. «Ma solo per alcune ore al giorno, dal tramonto fin verso le nove».”

La luce elettrica in un posto come il paese delle maree non è nulla di scontato. Non c’è interesse a portare il benessere in un posto dove la povertà e la natura selvaggia sono sovrane. È quindi comprensibile che Kanai sia stupito di vedere dell’ illuminazione elettrica.



Passaggio a nord ovest – La lampadina
Parte 1 https://www.youtube.com/watch?v=rMo1TegAbG0
Parte 2 https://www.youtube.com/watch?v=R-N9yBT5R9Q

venerdì 23 maggio 2014

Il sari

“Era divisa dalla stiva di prua da una
murata interna e impermeabilizzata, in modo rozzo ma efficace, con un’ incerata blu. Conteneva una piccola e ordinata riserva di indumenti asciutti, utensili da cucina cibo e acqua. Fokir ci frugò dentro e ne estrasse un pezzo di stoffa ripiegato. Quando lo aprì, Piya vide che era un modestro sari di tessuto stampato.” (La barca – pagina 86)

Il sari è il tipico vestito indiano femminile, uno dei più longevi capi d’abbigliamento la cui tradizione risale al periodo del primo secolo a.C..
I veri sari sono prodotti ancora artigianalmente e con coloranti naturali. Vengono usate diverse varietà di seta, da quelle più rigide per i capi solenni, a quelle più lucide e così via.
Per capi meno elaborati vengono anche usati il cotone e la viscosa.

Nella foto che segue si può notare il dettaglio di un telaio con funzionamento indentico a quello Jacquard a schede di cartone perforate, impiegato proprio nella produzione del sari.


In questo reportage si posono vedere le varie fasi di produzione dei sari: http://foto.panorama.it/foto-belle/sari-india-reportage
Telaio Jacquard : http://it.wikipedia.org/wiki/Telaio_Jacquard

domenica 18 maggio 2014

Il ciclofurgone

“Il veicolo su cui viaggiavano era una novità per Kanai, sull’ isola non ce n’erano all’ epoca della sua ultima visita. Era un ciclofurgone, un carretto a pedali con un pianale quadrato montato dietro il sellino del guidatore. Il pianale serviva per trasportare sia bagagli e animali sia passeggeri, che si accovacciavano a gambe incrociate o sedevano con i piedi penzoloni.” (Il Badabon Trust – pagina 71,72)

Il ciclofurgone non è che una sorta di triciclo, un veicolo a pedali che permette, grazie ad un cassone che può stare di fronte o dietro al guidatore, di portare bagagli o in modo un po’ spartano, come in questo caso, dei passeggeri; un adattamento della bicicletta a quello che può essere un “cargo” alla buona per piccoli carichi.

Video: la storia della bicicletta https://www.youtube.com/watch?v=JpuoetU_JWg

Il profondimetro

“Riprese la sua posizione a prua preparandosi a procedere alla mappatura. Con il monitor in mano indicò a Fokir il punto da cui cominciare. Poi, mentre Tutul immergeva in acqua il primo peso, lei immerse il profondimetro e premette il pulsante.”
“Pochi altri bordi bastarono a confermare l’ipotesi di Piya che i delfini fossero riuniti in una pozza il profondimetro dimostrava che in quel punto il letto del fiume aveva una profondità variabile tra i cinque e gli otto metri, più che sufficienti per dare ospitalità ai delfini quando il livello dell’ acqua si abbassava.” (Granchi – pagina 165,166)

Il profondimetro nasce come adattamento del manometro, uno strumento capace di misurare la pressione dei fluidi. Da come Piya utilizza lo strumento – ovvero immergendo il sensore poco sotto la superficie – capiamo che si tratta di un particolare tipo di profondimetro, che funziona come un ecoscandaglio. Infatti per sapere la profondità, senza mandare lo strumento al fondo e calcolare la pressione del liquido sovrastante, l’unico modo è quello del Sonar: lo strumento invia un segnale che arriva al fondale e torna indietro, permettendo di calcolare la profondità del tratto di fiume.


domenica 11 maggio 2014

GPS - Global Positioning Sistem

“Si tolse di tasca il piccolo monitor e lo mostrò a Nilima. «Vede questo è collegato ai satelliti del Global Positioning Sistem. Ce l’avevo in tasca il giorno del ciclone. È l’unico pezzo del mio equipaggiamento che si è salvato». Alla pressione di un pulsante lo schermo sfarfallò. «Tutte le rotte che Fokir mi ha insegnato sono registrate qui».” (A casa: un epilogo - pagina 451)

GPS: http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_di_Posizionamento_Globale

mercoledì 7 maggio 2014

Il telemetro



“Piya sganciò il telemetro dalla cintura. Somigliava a un binocolo mozzato, con due lenti a un’estremità e una sola lente d’ingrandimento dall’ altra. Mise a fuoco quest’ ultima inquadrando la barca e premette un pulsante per verificare la distanza esatta. Dopo un attimo, accompagnata da un bip, giunse la risposta: millecento metri.” (La caduta - pagina 52)

Il telemetro: http://it.wikipedia.org/wiki/Telemetro

domenica 4 maggio 2014

Il binocolo

“Piya aveva passato tre ore “sotto sforzo”, a prua. Con il binocolo appiccicato agli occhi, aveva scandagliato l’acqua in attesa che un balenio nero o grigio infrangesse la fosca superficie. Ma fino a quel momento la ricognizione era stata infruttuosa: nessun avvistamento in tutto il pomeriggio, nessuno.” (La caduta - pagina 51)


Il binocolo (Treccani):

Museo Galileo – Il cannocchiale di Galileo: http://brunelleschi.imss.fi.it/esplora/cannocchiale/indice.html

giovedì 1 maggio 2014

Il "Bhotbhoti"

“A prima vista non pareva molto raccomandabile: era posata bizzarramente sull’ acqua e lo scafo aveva l’aria pesta e ammaccata di un giocattolo di latta. Ma Horen era fiero del suo bhotbhoti e si dilungò sui suoi meriti”. (La Megha - pagina 278)

Il bhotbhoti è un’ imbarcazione che prende il nome dal rumore ripetitivo e rimbombante del proprio motore. L’onomatopea insita nel nome rivela anche quanto le imbarcazioni e i trasporti in genere siano arretrati a causa della povertà dei Sundarban.


Anche se quello del protagonista è in metallo (e quindi relativamente avanzato rispetto agli altri), esistono, e sono di gran lunga più comuni, i bhotbhoti di legno. 


P.s.: Il link qui sopra porta alla foto fatta da un ragazzo italiano "fotoreporter" in India. Si possono trovare molte altre foto relative alla situazione odierna dell' india, e molte scattate proprio nei Sundarban.